Conversazioni sulla moda
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PATRIZIA, THIS LOOK IS MOLTO MILANESE!
SECONDO APPUNTAMENTO DELLE NOSTRE CONVERSAZIONI SULLA MODA
Milanese di nascita e panamense di adozione, Patrizia Pagan de’ Paganis è una donna che ha fatto della moda il suo viaggio.
I viaggi, infatti, sono un elemento fondamentale per definire Patrizia, un “leitmotiv” nella sua vita che ha portato in essa importanti cambiamenti.
Cresciuta a Milano, ha studiato dalle Marcelline (noto istituto milanese ndr) dove ogni aspirazione a lavori meno canonici era assolutamente poco raccomandabile. Il suo sogno era quello di diventare una hostess per poter viaggiare in tutto il mondo ma, così come avvenne per la proposta che le fecero di diventare una Mannequin (quella che viene oggi definita indossatrice o modella ndr), la sua famiglia si mostrò contraria e le vietò di intraprendere queste carriere considerate poco dignitose.
Patrizia quindi decise di perseguire i suoi studi e, dopo una laurea in Lingue e Letterature Straniere all’Università Cattolica di Milano, si trasferì prima in Sicilia, poi a Roma e infine a Viareggio. Rientrata poi a Milano, si mise alla ricerca di un lavoro e di un modo per affermarsi.
Come è iniziato il suo percorso nella moda?
Sfruttando la mia laurea in Lingue Straniere, ho iniziato a lavorare in show-room per Walter Albini come interprete per i buyers. Lavorare per il genio artefice della nascita del prêt-à-porter non poteva rendermi più entusiasta: era il 1983, pochi mesi dopo la sua scomparsa. Lavorai per alcuni marchi fino ad approdare del tutto casualmente a Vogue Italia, occupandomi della vendita di pagine pubblicitarie per poi diventare responsabile dei rapporti redazione-pubblicità, lavorando a servizi fotografici e campagne per i clienti.
Che atmosfera si respirava da Vogue in quel periodo?
È stata un’epoca fantastica, in quel periodo sono stati lanciati tutti i più grandi nomi come Armani, Versace, Krizia e Ferré; eravamo circondati da un assoluto benessere e un’incredibile joie de vivre che inevitabilmente caratterizzavano l’intera città di Milano negli anni ’80.
Si respirava un’aria di libertà creativa ed economica grazie ai grandi inserzionisti che con i loro budget rendevano possibili anche le idee più complesse. Ho avuto il privilegio di lavorare con entrambe le Sozzani (Franca e Carla ndr.) a campagne pubblicitarie: le osservavo e imparavo tutto su come funzionava il mondo della moda.
Nel 1991 andai a New York per occuparmi di uno speciale sugli stilisti americani per Vogue Italia e in quell’occasione venni fotografata per un libro dedicato agli insider del moda italiana: fotografi, PR e creativi. Il libro voleva mostrare le differenze di stile tra le varie città della nostra Penisola, tra cui Milano, Roma e Firenze.
Immagini dal libro “Italian Chic” di Susan Sommers, 1992.
Come è continuata la sua carriera nel mondo della moda?
A inizio anni ’90 con una mia amica decidemmo di fondare la nostra agenzia di comunicazione e portai con me alcuni clienti che durante il mio lavoro da Vogue si erano molto affezionati, come Rena Lange, Gentry Portofino, Ritz Saddler, Coin e Saverio Palatella per il settore moda, mentre per la sezione gioielli e orologi: Corum, Chaumet e Chopard.
Fu un periodo molto stimolante e pieno di lavoro, non mi fermavo mai!
Verso la fine degli anni ’90 però l’aria cambiò, alcune aziende iniziarono a volere gli uffici stampa all’interno del brand e così iniziammo a perdere molti clienti.
Come ha reagito a questo cambio di rotta?
Ovviamente non mi sono persa d’animo. Mio marito, appassionato di barca a vela, aveva già fatto due volte il giro del mondo in regata, nel quale io lo raggiungevo in aereo per varie tappe. Voleva dunque partire per affrontare il terzo giro del mondo e questa volta decisi di unirmi a lui: partimmo in solitaria con un piccolo equipaggio, tra cui il nostro marinaio che durante il viaggio si innamorò follemente della mia migliore amica, anche lei a bordo della barca. Una volta approdati a Panamá, i due innamorati decisero di rimanere lì e perciò dovemmo cercare altri ragazzi per sostituire l’equipaggio, ma anche per aspettare le condizioni ideali per riaffrontare la traversata.
Era il 2002 e inutile dire che non siamo più ripartiti.
Come è riuscita a far conciliare la sua passione per la moda con questo cambio radicale di vita?
Per un periodo ho continuato a lavorare a distanza ma ai tempi risultava davvero troppo complesso e così, in modo molto naturale, ho deciso di concentrarmi sulla nostra nuova vita a Panamá.
Fortunatamente nel giro di poco tempo abbiamo iniziato a creare nuovi contatti anche grazie agli ambasciatori italiani; avendo lavorato nella moda e, arrivando da Milano, ho iniziato ad avere molti agganci nel settore che mi hanno permesso di avere delle soddisfazioni lavorative, anche in un paese dove mai avrei pensato di poter continuare con la mia professione.
Ho iniziato a far parte del Consiglio della Moda per la Panamá Fashion Week che ogni anno premia il miglior designer panamense, una sorta di Award per lanciare le nuove promesse del panorama della moda di Panamá.
Li seguiamo durante il processo creativo facendo consulenze mirate per far sì che la loro collezione possa essere concreta e commerciabile. Adesso ho iniziato anche a seguire con un team di persone la First Lady di Panamá. Abbiamo revisionato tutto il suo closet e, con l’agenda alla mano, a seconda degli appuntamenti prepariamo una scheda tecnica con foto dei vari abbinamenti per ogni occasione.
Dove si vede nel prossimo futuro? Tornerebbe a vivere a Milano?
La mia vita e il mio cuore ora sono a Panamá: qui l’atmosfera è più tranquilla e la vita è più lenta. Ho la possibilità di ottenere traguardi lavorativi e non, che in Italia sarebbe molto più difficile raggiungere. Ogni volta che torno a Milano a trovare mia sorella, mi rendo conto che tutto è più complesso e macchinoso, e che per un giovane che si affaccia al mondo della moda per la prima volta, un percorso come il mio e quello dei miei colleghi non è immediato. Tuttavia non bisogna scoraggiarsi, la carta stampata troverà un modo per adattarsi a questi nuovi cambiamenti, per reinventarsi e ritornare alla joie de vivre che ho vissuto quando sono entrata in Condé Nast.
Il nostro appuntamento con le conversazioni sulla moda tornerà presto con nuove interviste e insights sugli archivi dei migliori brand.
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